giovedì 8 gennaio 2009

Gigìn ad Masòn

(...) Per una banale questione di turbata pace coniugale, nell'autunno dell'anno 1886, fu espulso dal circolo il socio Andrea Mengozzi detto "Muzghina", agricoltore dimorante nel podere Cà Bianca di San Lazzaro, accusato di intrattenere una relazione illecita con la cognata, moglie - sposta solo con rito religioso - di un altro socio del circolo, assente dal paese per servizio militare. (...)
... cosicché per liquidare la diatriba Luigi Mengozzi sparò tre colpi di revolver contro il "Muzghina", ferendolo al torace (...)
La vicenda dell'insurrezione di Monte Sassone è già nota poiché l'illustre poeta Aldo Spallicci ne ha tracciato più volte, pubblicando anche integralmente le memorie di Sante Montanari, uno dei diretti protagonisti del tentativo insurrezionale, e di Antonio sassi, un devoto amico del Mengozzi , altro protagonista del medesimo tentativo.
Riguardo alla spedizione di Monte Sassone si vedano le memorie del Montanari e del sassi pubblicate in: Spallicci, Luigi Mengozzi, pp 5-10 e 11-18. Il manoscritto delle memorie del sassi, conservate presso l'Archivio Storico Comunale di Castrocaro Terme e Terra del Sole, cartella Spallicci, contiene alcune varianti rispetto al testo a stampa (...)
La sera dello stesso giorno, domenica 17 agosto, i rivoluzionari repubblicani si radunarono di nuovo presso "il Campo" ... la maggior parte proveniva da Lugo, altri da Cotignola e da Solarolo; da Forlì .... I Castrocaresi erano undici: Luigi Mengozzi detto "Gigìn ad Masòn", Girolamo Caroli detto "Zamarén", Fiorino Gurioli detto "la Vcina", Quinto Lotti detto "Baganìn", Guglielmo Monti detto "Battucela", Giuseppe Ragazzini detto "Bartlét", Filippo Savelli detto "Pipòla", Silvio Saviotti detto "Pitìn", Nicola Vallicelli detto "Putnazz", Giovanni Versari detto "Maigardon", Antonio Vespignani detto "Babacìn" (...) Il Mengozzi distribuì a ciascuno un fucile con le munizioni, una daga e un tascapane. Poi la banda armata, capeggiata da Sante Montanari e dallo stesso Luigi Mengozzi, in piena notte, si mise in marcia ..... e quindi prese ad inerpicarsi sulle pendici di Monte Sassone, sulla cui vetta i rivoluzionari posero l'accampamento issando la bandiera rossa, simbolo della Repubblica .... La presenza di una quarantina d'insorti, che avevano spiegato la rossa bandiera repubblicana, accampati per due giorni in armi su una vetta dell'appennino romagnolo non poteva certo passare inosservata; infatti diversi giornali moderati, dalla "Tribuna" alla "Gazzetta dell'Emilia", al "Resto del Carlino", al "Rugantino", periodico satirico romano, avevano denunciato il tentativo insurrezionale. La notizia dei moti di Castrocaro rimbalzò persino all'estero. .... il tentativo rivoluzionario sollevò all'epoca ed in seguito, illazioni ironiche, non per il completo fallimento dell'impresa, ma perché gli insorti erano stati costretti a sospendere l'iniziativa senza aver avuto occasione di battersi, anzi ignorati completamente dalle autorità; un simile epilogo aveva creato l'impressione che il tentativo non fosse stato preso sul serio né dai rivoluzionari né dal governo. La realtà era ben diversa: soltanto una serie di cause concomitanti (...) evitarono che uno scontro armato trasformasse quel nucleo di animosi repubblicani in altrettante vittime della monarchia. (...)
La notte del martedi 24 maggio 1892, il delegato compiuto il consueto giro per il paese assieme a due gendarmi rientrò nella propria abitazione e, come era solito fare, si affacciò al balconcino dalla parte degli Steccati, accendendocisi un sigaro. Dal vicolo o cavina antistante un ignoto assassino sparò un colpo di fucile colpendo il pieno petto il delegato, che si accasciò al suolo gridando: "Aiuto, carabinieri! Aiuto mi hanno ammazzato" (...) Di fronte alla prospettiva di un processo interminabile e di una lunga detenzione, i carcerari e i loro familiari cominciarono a muovere critiche e rimproveri al Mengozzi, ritenendolo responsabile, come ispiratore del movimento rivoluzionario locale, degli eventi che avevano condotto a quel processo politico. Sovrapponendosi alle recenti amare delusioni anche il rimprovero tacito o palese dei compagni, forse ritenendosi effettivamente responsabile per essi, il Mengozzi, ... prese la triste decisione ed il 13 giugno 1893, non ancora trentenne, si suicidò impiccandosi all'inferiata della cella e lasciando una lettera con la quale si assumeva la completa responsabilità del delitto scagionando chiunque altro (...)

[Brani tratti da "i repubblicani a Castrocaro - dall'unità d'Italia all'avvento del Fascismo (1861-1926)" di Antonio Zaccaria - Cooperativa "Mario Tamburini" Castrocaro Terme 1995]

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