venerdì 2 gennaio 2009

Le tre montagne d'oro e l'albero del sole

Guglielmo con le guerre aveva perduto il suo stato. Il Mago gli diede una spada da riconquistarlo, ordinandogli di riportargliela, quando avesse finito, alle Tre montagne d'oro e l'albero del sole. Guglielmo, tornando a guerreggiare, riconquistò colla spada del Mago tutto il suo regno; e, rammentandosi dopo quattro anni dell'ordine del Mago, salutò la famiglia e partì. Cammina, cammina, cammina, finalmente una sera vede lontano un lumicino in una macchia. Arrivato trova una capanna, bussa all'uscio, e gli apre un vecchio. Guglielmo gli domanda se sapesse dove fossero le Tre montagne d'oro e l'albero del sole; a cui l'altro rispose: - Io son vecchio stravecchio, ma non ho mai sentito rammentare le Tre montagne d'oro e l'albero del sole. Potete camminare ancora cinquecento mila miglia, ché vi sta una mia sorella, la quale lo potrebbe sapere. - Guglielmo va via; e cammina, cammina, cammina, finché vede apparire un altro lumicino, ed arriva ad una capanna, dove una vecchia, giaciuta in un canto, alla sua domanda risponde: - Io son vecchia stravecchia, ma non ho mai sentito rammentare le Tre montagne d'oro e l'albero del sole. Forse potrebbe saperlo una mia sorella, che sta lontano di qui cento mila miglia. - Guglielmo parte, e, cammina, cammina, cammina, vede lontano lontano sul far della notte un altro lumicino, arriva ad un'altra capanna: gli viene aperto da una vecchia, alla quale pure domanda se sappia, ove siano le Tre montagne d'oro e l'albero del sole. Ella rispose: - Io sono vecchia stravecchia, ma non ho mai sentito rammentarlo. Però ho sette figlioli, che lo possono sapere: uno di questi è il Vento ed un'altra la Bora. - A sera avanzata i figli si riducono a cena. Arriva il Vento: Uuuh! o mamma, cosa avete fatto da cena? - - Ho fatto la polenta. - - Oh bona, bona, bona!
- Dopo che hanno mangiato, Guglielmo domanda ai figli se sanno dove siano le Tre montagne d'oro e l'albero del sole. Il Vento rispose:
- Io giro tutto il mondo, ma non l'ho mai sentito rammentare. - Mancava ancora la Bora, che quel giorno era andata molto lontano. Finalmente arriva la Bora: - Iiiih! o mamma, cos'avete fatto da cena? - - Ho fatto la polenta, ma non ce n'è rimasta punto: ti farò una piadina. - - Oh bona, bona, bona! - Quando la Bora ha mangiato, Guglielmo le fa la sua solita domanda. - Oh, oh! - rispose ella - c'ero anche oggi a fare il bucato, e domani vi torno ad asciugarlo. - La mattina per tempo Guglielmo partì colla Bora. Quando furono presso le Tre montagne d'oro e l'albero del sole, la Bora disse a Guglielmo: - Se vuoi andare a casa del Mago, mettiti lì vicino al pozzo. Il Mago ha tre figlie, che verranno ad una ad una a lavarsi: prima verrà la maggiore, poi la mezzana; e tu lasciale fare. In fine verrà la più piccola, alla quale tu porterai via i panni: ella t'insegnerà il modo di trovar suo padre. - Guglielmo si mette vicino al pozzo: arriva la figlia più grande del Mago, si spoglia e si tuffa nel bagno; poi si asciuga, si riveste e parte. Arriva la seconda e fa altrettanto. Finalmente arriva la minore, che si chiamava Ermelinda, si spoglia anch'essa ed entra nell'acqua. Ma quando torna per vestirsi, non trova più i panni e comincia a piangere. Guglielmo le si avvicina dicendo:
- Io ti ridò i tuoi panni, purché tu mi dica come ho da fare per veder tuo padre. - E la fanciulla risponde; - Io t'insegnerò la porta: tu devi entrare, e tutte le statue ti chiameranno: "Guglielmo, Guglielmo!". Ma non ti volgere, perché diverresti anche tu una statua. Poi il babbo ti ordinerà molte cose; e tu domanderai a me come devi fare. - Così favorito dalla fanciulla Guglielmo batte alla porta; e di dentro si domanda: - Chi c'è? - - Guglielmo. - - Fatelo passare - disse il Mago.
Guglielmo, restituita la spada, chiese d'andarsene. - Troppo presto, Guglielmo! - rispose il Mago: - Guarda questa massa di lino e di fave: domattina, se vuoi partire, dev'essere scevrato l'uno dalle altre. - Guglielmo, non sapendo come fare, si mette a piangere. Lo vede Ermelinda, e gli domanda che cos'ha; ed egli le manifesta il suo imbarazzo. Allora la fanciulla gli dice: - Fatti dare un sacco di noci piccole e grosse ed un martellino da schiacciarle: dalle prime usciranno le formiche le quali porteranno da una parte il lino, dalle più grosse quelle che porteranno le fave dall'altra parte. - Guglielmo tanto fa: schiaccia le noci per tutta la notte; e la mattina il Mago vede il lino separato dalle fave. - Or posso andare? - chiede il giovane. - Troppo presto, Guglielmo - risponde nuovamente il Mago; e fattagli vedere una ripa sotto la sua finestra, continua:
- Dov'è quella ripa domattina ci dev'essere un bel giardino coi fiori di tutte le qualità e cogli uccelli a cantare sulla vetta degli alberi. - Ermelinda, visto Guglielmo disperato e saputane la cagione, andò a leggere fra i libri del Mago: leggi, leggi, leggi, finalmente trova quello che doveva fare. Tornò da lui e gli disse: - Fatti dare un pane con companatico ed una bottiglia di vino; e prendi una zappa, un badile ed una carriola. Poi mettiti a mangiare: mentre mangi, la zappa scaverà la terra, il badile la metterà nella carriola, e la carriola la porterà via. Quando avrai vuotata la bottiglia, vedrai il giardino bell'e fatto. - Guglielmo seguì il consiglio della giovane; e la mattina seguente il Mago ancora in letto udì gli uccelli cantare davanti alla sua finestra, e sentì il profumo dei fiori, che penetrava nella sua camera. Si levò, aprì la finestra e con gran maraviglia vide il bel giardino fatto da Guglielmo. Questi tornò a chiedere d'andarsene; ma il Mago gli ordinò di compiere un'altra impresa. - È quarant'anni - disse - che mi son fatto lo sposo; e nel passare il mare mi cadde l'anello del matrimonio. Tu me lo devi ritrovare per domattina. - Poco dopo Guglielmo fu visto piangere di nuovo da Ermelinda, che gliene domandò la cagione. - Vuoi che non pianga? - disse - tuo padre vuol che gli ritrovi l'anello che perdette passando il mare! - Ermielinda, tornata a leggere i libri del padre, venne a dirgli: - Tu devi tritar me fina fina come la carne delle salsicce, mi devi mettere in una truffa legata ad un grande capestro e gettarmi in mare. Quando avrò trovato l'anello, verrò a galla e tu mi tirerai alla sponda. Ma bada di non addormentarti, perché io posso venire solo per tre volte. Bada anche nel tritarmi che non ti caschi neppure una gocciola del mio sangue: si perderebbe qualcosa del mio corpo, il padre se ne accorgerebbe e saremmo morti tutti due. - Guglielmo non aveva cuore di ucciderla; ma alla fine, costretto dalla necessità, si mise ad eseguire i consigli di lei.
Quando la truffa con Ermelinda dentro fu sotto l'acqua, vi stette tanto tempo che Guglielmo si addormentò. Ermelinda, dopo aver girato tutto il fondo del mare e trovato l'anello, venne a galla e tirò la corda; ma Guglielmo non rispose. - Oh Dio! - pensò ella - dorme! - e si rituffò nel mare. Dopo un pezzo tornò a galla, e tirò nella corda con tutta la forza che aveva; ma Guglielmo dormiva ancora. Ermelinda disperata si sprofondò nuovamente sotto il mare, e vi stette lunghissimo tempo. Finalmente ritornò per la terza volta sopra le acque, e tirò la corda con tanta violenza che si trascinò Guglielmo dietro un pezzo per il lido, tanto che egli si svegliò. Allora Ermelinda gli consegnò l'anello e gli disse: - Guarda: si vede che ti è caduto un po' di sangue, perché mi manca un pezzo del dito mignolo. Domattina il babbo ti vorrà dare in isposa una di noi tre: ci vestirà tutte ad una maniera coi guanti, e ti farà scegliere. Tu tastaci le mani e mi riconoscerai. - La mattina seguente infatti il Mago, contentissimo dell'anello, offerse a Guglielmo la scelta della sposa tra le sue figlie; e Guglielmo si prese Ermelinda. E in quello stesso giorno con un bel desinare si celebrarono le nozze.
La sera il Mago e la moglie stabilirono di mangiarsi i novelli sposi; ma Ermelinda sulla mezza notte disse a Guglielmo: - Sai? ho paura che i nostri due vecchi ci vogliano mangiare. Fuggiamo! - Si levano: Ermelinda prende una lesina ed una brocca d'acqua. Vanno nella stalla e prendono i due migliori cavalli, l'uno dei quali camminava a pari col vento, l'altro quanto la mente dell'uomo; e fuggono.
I due vecchi, andati per mangiarseli, trovano il letto ancor caldo; e presi dalla rabbia, sebbene manchino i due migliori cavalli, si mettono ad inseguire gli sposi. Dopo un lungo tratto di cammino Ermelinda si volse indietro, vide venire i crudi genitori, e disse a Guglielmo: - Oh Dio li abbiamo dietro, quei brutti vecchiacci - Gettò via la lesina; e subito nacque fra loro e gl'inseguitori una foltissima macchia di pruni, per mezzo alla quale il Mago e la moglie rimasero lungo tempo impacciati.
Finalmente Ermelinda vedendoli di nuovo getta via un po’ d'acqua della bottiglia; e subito sommerse i vecchi coi cavalli fino alla gola. Cammina, cammina: ecco che Ermelinda li vede venire per la terza volta; e getta via la bottiglia, dalla quale nasce una fiumana sterminata, e i due vecchi affogano. Così liberatisi i giovani sposi arrivarono nel loro regno, ove con gran festa dei parenti si terminarono le nozze. Io era sotto la tavola: mi gettarono un osso, che mi rimase nella gola, e ce l'ho ancora.
(Paolo Fabbri, Novelle popolari raccolte sui Monti della Romagna toscana, in Archivio per lo studio delle Tradizioni Popolari, voi. XXIV, '909, pp. 155-159).

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