sabato 3 gennaio 2009

lume a marzo

Formule per bruciare l'inverno e difendere i raccolti

E' la tradizione ad alimentare i fuochi di San Giuseppe. Una tradizione mai sopita, antica come buona parte delle culture. Il culto di San Giuseppe è antichissimo, anche se nell'occidente si diffuse solo nel 9° secolo, per diventare poi liturgico nel 1400. La vecchia tradizione risulta comunque assai più antica: l'origine è da far risalire alle feste compitali che onoravano, con i fuochi,la nonna dei Lari, la dea Larunda e la dea Mania, l'immagine della quale era esposta sulle facciate delle case. Altre ricerche confermano che l'accensione dei fuochi in marzo era anche una tradizione dell'antica Roma: i pastori cercavano con questi falò di propiziarsi anche i favori della dea Palilia, protettrice dei raccolti e delle messi. Alcuni ritengono addirittura che i falò abbiano addirittura tradizioni celtiche. In epoca moderna i contadini bruciavano le potature poiché, in questo modo si bruciava ed esorcizzava l'inverno (e il maligno). Spesso il fantoccio di una strega veniva posizionato sulla catasta di legna.Infine, sempre legata a marzo e alla luce, c'è un'altra curiosa usanza che è stata attiva in Romagna fino a tutto il 1800: quella di mostrare il deretano al dio Sole. Ma non si trattava di un segno di spregio: era un modo per preservarsi dalle scottature della pelle (facili nel periodi di lavoro nei campi) ma soprattutto per difendere i raccolti. Allo spuntar del sole, i romagnoli si scoprivano il deretano e lo mostravano al sole nascente (c'era chi saliva anche sul tetto di casa per farlo). La formula da recitare era: "Merz, cùsom quest e nò m'cusr ét" (Marzo,abbronzami questo e non cuocermi altro).

Filippo Cappelli (corriere.romagna.it 18 /03/ 2003)

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