venerdì 2 gennaio 2009

Miserie, stenti e debiti

“Io che vivo fra queste tranquille popolazioni; io che conosco i costumi e gli usi dei poveri abitanti di campagna, che non hanno da sfamarsi in proporzione di quanto lavorano; che non hanno da ricoprirsi sufficientemente dalle intemperie e dalle nevi appenniniche, nelle stamberghe, che sono asilo malfido di tanta gente rurale, io che so, per la professione che esercito, come in molti di quegli abituri non è possibile il ristoro di un momento perché gli abitanti mangiano quello che umanamente non si può mangiare, perché vivono dove la vita deve rendersi misera e derelitta … la sorte del misero proprietario, che lavora il suo fondo, è più triste di quella del mezzadro delle nostre località: dove se al colono è possibile campare la vita ancora la vita nei mesi di maggiore bisogno, negli anni di scarsezza del raccolto affidandosi ai padronati ricchi: non è possibile al piccolo proprietario di montagna resistere alle miserie di una vita piena di stenti e di debiti e nel naufragio generale, è il pesciolino ingoiato dall’usura!”
(in Bollettino della federazione Tosco-Romagnola per la riforma forestale A. 1 n.1 Firenze 15 gennaio 1905)

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