sabato 3 gennaio 2009

S. Antonio Abate

l culto di sant’Antonio è ancor oggi diffusissimo. Da sempre, nelle nostre campagne, l'immagine del Santo è presente nei luoghi dove vivono e riposano gli animali domestici. A volte, a far bella mostra sul retro dell'ingresso della stalla, è una formella in ceramica finemente dipinta, il più delle volte, un santino lordo e spiegazzato di nessun valore artistico. Qualunque sia la forma, la sostanza non cambia. Il famoso abate egiziano è sempre lì, con le vesti da eremita, la lunga barba bianca, il bastone a Tau, il porcellino e una vivida fiamma ai piedi.
Ma vediamo chi era questo Santo, e perché è diventato il principale patrono degli animali. Antonio abate (così chiamato per distinguerlo dall'altrettanto famoso Antonio da Padova), nacque a Coma, in Egitto, nel 251, nazione dove morì a 105 anni, dopo una vita spesa a vagare nel deserto.
Considerato il patriarca di tutti i monaci, a vent’anni si spogliò dei suoi beni e si dedicò all’ascetismo. Per quattro lustri visse di solo pane e acqua nella meditazione e nella preghiera. Di grande saggezza spirituale, Antonio raccolse intorno a se un gran numero di discepoli. Gran parte del culto popolare di Antonio deriva dalla fama di guaritore dall’herpes zoster, detto appunto fuoco di sant’Antonio. Si narra che i seguaci del Santo, per meglio soccorrere i malati che si recavano ormai senza speranza alla chiesa francese di Saint-Antoine de Viennois, luogo dov’erano conservate le reliquie, decisero di costruire un ospedale e dei ricoveri. Ebbe così origine l’Ordine Ospedaliero degli Antoniani. Per assicurare la sussistenza ai malati e ai religiosi, si narra che venissero allevati dei maiali destinati alla macellazione, lasciati liberi di vagabondare per il paese e mantenuti dalla carità pubblica. Necessità sopraggiunte vietarono la libera circolazione degli animali nella città, fatta eccezione per i maiali degli Antoniani che, da allora, dovettero portare come riconoscimento la celebre campanellina al collo. In realtà, molti sostengono che gli attributi e i patronati del Santo abbiano un'origine più antica, profonda, in qualche caso addirittura pagana, come la data nel quale è festeggiato (il 17 gennaio), corrispondente alle Feste sementine romane, dove già la dea Cerere veniva placata con sangue di una scrofa gravida.
In questa ricorrenza è usanza benedire gli animali domestici sui sagrati per preservarli dalle malattie e rinnovare le immagini del Santo nelle stalle a scopo propiziatorio. Per la festa del loro protettore, poi, le bestie venivano trattate amorevolmente, ben nutrite, esentate dal lavoro e, ovviamente, non potevano essere macellate. Si dice infatti che, in questa magica notte, gli animali acquistino la parola. In Romagna, era altresì tradizione dare agli animali ammalati un pezzetto di pane benedetto il giorno di sant'Antonio, affinché guarissero, oppure tre fave nere, ideali anche per facilitare lo sgravio delle vacche.
Il qualche luogo, infine, si celebra ancora la lotteria del porco grasso (La lutarì de pörc grass), come in Romagna, o si fanno scorpacciate di gnocco fritto, come è usanza a Guastalla: Sant'Antòni chìssulèr che al darsèt al vén ad snèr (Sant'Antonio gnoccolaio che viene il 17 di gennaio).

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